Dispositivi medici
La normativa vigente assegna al Ministero della Salute, in qualità di Autorità competente, il compito di coordinare la vigilanza e il monitoraggio sulla circolazione dei Dispositivi medici: a tale scopo sono preposti quattro specifici uffici presso la Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici.
La normativa vigente assegna al Ministero della Salute, in qualità di Autorità competente, il compito di coordinare la vigilanza e il monitoraggio sulla circolazione dei Dispositivi medici: a tale scopo sono preposti quattro specifici uffici presso la Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici.
Le direttive comunitarie e le norme legislative italiane che le hanno recepite disciplinano, separatamente, tre categorie di dispositivi medici
- i dispositivi medici impiantabili attivi (direttiva 90/385/CEE; decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507)
- i dispositivi medici (in genere), (direttiva 93/42/CEE; decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46)
- i dispositivi diagnostici in vitro (direttiva 98/79/CE; decreto legislativo 8 settembre 2000, n.332)
In base alla definizione di dispositivo medico contenuta nel decreto legislativo n. 46 del 1997, che, riguardando la generalità dei dispositivi diversi dalle due categorie che hanno una regolamentazione specifica (impiantabili attivi e diagnostici in vitro), si applica alla maggior parte dei prodotti reperibili sul mercato un dispositivo medico è:
- uno strumento
- un apparecchio
- un impianto
- una sostanza
- o altro prodotto
usato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell’uomo a scopo di:
- diagnosi, prevenzione, controllo, terapia, o attenuazione di una malattia
- diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap
- studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico
- intervento sul concepimento
purchè non eserciti l’azione principale nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici, né mediante processo metabolico, ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi.
I dispositivi medici disciplinati dal decreto legislativo n. 46 del 1997 (cioè tutti quelli che non sono né impiantabili attivi, né diagnostici in vitro) sono suddivisi in quattro classi (classe I, IIa, IIb e III), secondo le regole di classificazione specificate nell’allegato IX dello stesso decreto. I dispositivi di classe I, sono quelli che presentano minori rischi sotto il profilo della sicurezza, i dispositivi di classe III, sono quelli di maggiore criticità.
Il decreto legislativo disciplina poi, separatamente, anche i dispositivi su misura (destinati ad essere utilizzati solo per un determinato paziente) i dispositivi per indagini cliniche (destinati ad essere messi a disposizione di un medico qualificato per lo svolgimento di indagini cliniche) Queste due ultime tipologie (dispositivi su misura e dispositivi per indagini cliniche) si rinvengono anche nell’ambito della categoria dei dispositivi impiantabili attivi, disciplinata dal decreto legislativo 507/1992.
Dispositivi medico-diagnostici in vitro (IVD)
Un dispositivo medico-diagnostico è:
- un reagente
- un prodotto reattivo
- un calibratore
- un materiale di controllo
- un kit
- uno strumento
- un apparecchio
- un’attrezzatura o un sistema
destinato dal fabbricante a essere impiegato in vitro per l’esame di campioni provenienti dal corpo umano, inclusi sangue e tessuti.
Il grado di sicurezza, la qualità e le prestazioni degli IVD sono regolamentati dalla Direttiva Europea sui Dispositivi medico-diagnostici in vitro, divenuta operativa negli Stati membri dal dicembre 1998 e recepita in Italia nel settembre 2000.
(da : Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico Del Ministero della Salute, 6 aprile 2005, ultimo aggiornamento 9 luglio 2021)
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